La testimonia di Stefania Ferri, unitalsiana e ospite dell’Opera fondata da don Lolli
“Sto sperimentando che questo può essere anche un luogo di servizio e missione”.
Vivere la pandemia da un reparto di Santa Teresa? “Un tempo di Grazia”. Pensavamo di parlarvi di paura e fatica, del venerdì santo, e invece vi raccontiamo la storia di Stefania Ferri, giovane ospite di Santa Teresa, abita all’interno di casa San Giuseppe, la comunità che ospita anche i nostri sacerdoti, nel giorno di Pasqua. Perché di questo parla: di speranza, di forza, di Risurrezione, e della forza della preghiera. Stefania è arrivata qui meno di un anno fa da Reggio Emilia, anche per i legami con l’Unitalsi Ravenna e con la sua presidente Patrizia Amici. Ha una tetraparesi spastica dalla nascita, e ha scelto Santa Teresa per sperimentarsi nell’autonomia personale. Attraverso vari pellegrinaggi e incontri formativi con l’Unitalsi, di cui fa parte, ha conosciuto Santa Teresa e ha valutato che fosse il luogo giusto nel quale fare questo passaggio, anche di vita spirituale: “il Crocefisso della chiesa maggiore mi ha toccato il cuore”, racconta. E così via, è partita, ed è arrivata: da agosto dell’anno scorso è volontaria attiva qui nell’Unitalsi Ravenna, segue le lezioni della Scuola di formazione Teologica, e fa servizio anche in casa all’Opera Santa Teresa del Bambino Gesù.
Poi, da fine febbraio, la pandemia. “E’ un tempo di Grazia”, ci spiega, stupendoci. “Il fatto di continuare a vivere e a pregare insieme ci dà forza e speranza”. Avendo dei sacerdoti all’interno del reparto, ogni giorno in casa San Giuseppe non è mai mancata la Santa Messa al mattino e la preghiera del Santo Rosario e del Vespro solo nella cappella interna del reparto e chiusa alle persone esterne alla casa, e si è intensificata la preghiera. “Ci siamo chiesti: cosa posso fare io per gli altri? E la risposta è stata: pregare per chi soffre più di noi. E quindi lo facciamo ogni giorno per chi è in prima linea, per chi è contagiato, per le famiglie che hanno avuto un lutto etc..”. Non solo preghiera: Santa Teresa al tempo del Coronavirus, spiega Stefania, può essere anche il luogo del servizio e della missione. “Abbiamo ristretto le risorse che vengono da fuori per ridurre al massimo le possibilità di contagio – racconta Stefania –: e così abbiamo sempre più la possibilità di vivere come comunità. Questa situazione ci dà l’occasione di poter essere ancor di più amore gli uni per gli altri, e di sentire questo luogo come casa e luogo di missione”. Certo, la mancanza di amici e parenti che venivano da fuori si sente, prosegue Stefania: “Ma sono convinta, anche per formazione personale, che la preghiera sia il miglior farmaco anti-depressivo possibile. E noi lo stiamo sperimentando”. Forse, non solo loro.
Poi, da fine febbraio, la pandemia. “E’ un tempo di Grazia”, ci spiega, stupendoci. “Il fatto di continuare a vivere e a pregare insieme ci dà forza e speranza”. Avendo dei sacerdoti all’interno del reparto, ogni giorno in casa San Giuseppe non è mai mancata la Santa Messa al mattino e la preghiera del Santo Rosario e del Vespro solo nella cappella interna del reparto e chiusa alle persone esterne alla casa, e si è intensificata la preghiera. “Ci siamo chiesti: cosa posso fare io per gli altri? E la risposta è stata: pregare per chi soffre più di noi. E quindi lo facciamo ogni giorno per chi è in prima linea, per chi è contagiato, per le famiglie che hanno avuto un lutto etc..”. Non solo preghiera: Santa Teresa al tempo del Coronavirus, spiega Stefania, può essere anche il luogo del servizio e della missione. “Abbiamo ristretto le risorse che vengono da fuori per ridurre al massimo le possibilità di contagio – racconta Stefania –: e così abbiamo sempre più la possibilità di vivere come comunità. Questa situazione ci dà l’occasione di poter essere ancor di più amore gli uni per gli altri, e di sentire questo luogo come casa e luogo di missione”. Certo, la mancanza di amici e parenti che venivano da fuori si sente, prosegue Stefania: “Ma sono convinta, anche per formazione personale, che la preghiera sia il miglior farmaco anti-depressivo possibile. E noi lo stiamo sperimentando”. Forse, non solo loro.
ARTICOLO TRATTO DA RISVEGLIO DUEMILA DEL 17 APRILE 2020